lunedì 21 aprile 2008

Chi siamo, dove andiamo, cosa facciamo...



Centotrentacinque giorni dopo la prima riunione dei professionisti della comunicazione visuale (e non) di Firenze (e dintorni), la domanda non ha ancora risposta. Casomai, ne ha generate di altre.
In attesa del prossimo incontro, potete scaricare a questo link il pdf del questionario che vi abbiamo proposto all'ultimo incontro per riflettere sulla natura del gruppo. Se non avete allergie a sondaggi e questionari, sarebbe utile averli compilati per la prossima riunione, prevista tra un paio di settimane.

L'ultima bandiera rossa



...apparsa a Firenze, con invidiabile tempismo, la mattina di lunedì 14 aprile 2008.

I limiti del funzionale


Queste foto si riferiscono ai materiali informativi del SST /Azienda Sanitaria di Firenze, che ho trovato al CUP di Santa Maria Nuova di Firenze. Mi hanno fatto molto pensare, anche in relazione ad un vecchio post sui rapporti tra estetica e funzionalità creato da Simonetta.

I depliant sono stampati in digitale su carta A4 da fotocopia. Sono utilizzati colori primari ed accesi, ed un solo carattere, il Verdana, con una dimensione di almeno 12 punti. L'iconografia è parimenti spartana, con icone o silhouettes vettoriali basate essenzialmente su un solo elemento grafico (un "omino" che corre, si spera verso un futuro migliore).

Nei depliant così come nella segnaletica e nei manifesti il titolo è sempre in Verdana, sviluppato su di una banda verticale in maiuscolo (il totem ha alcune sbavature di stile, con un carattere differente in alto/basso).


E' un progetto che risulta straordinariamente coordinato per un ente pubblico, e che viene applicato non solo al cartaceo ma anche al sito web.
Un progetto dunque che non si lascia abbindolare da tentazioni photoshoppare, che non deborda nell'illustrazione da clip art per bambini (imperante nella comunicazione pubblica low budget), che non ha nessuna inutile velleità stilistica...

E a questo punto mi chiedo: ci troviamo di fronte allo straordinario prodotto finale di una coerente applicazione di funzionalismo e culto del rapporto costi/benefici, o piuttosto è questo un progetto realizzato da una persona senza alcuna esperienza grafica ma dotata di un minimo di buonsenso e delle impostazioni di default di illustrator? Un progetto straordinariamente meditato o semplicemente banale?

Attenzione: non voglio criticarne gli autori in alcun modo, perché non credo che si possa fare polemica con un progetto grafico senza conoscerne l'iter, le ragioni, la storia. Addirittura, mi ripeto, credo che l'applicazione coordinata di questo progetto sia esemplare.
Tuttavia, abbiamo avuto più volte modo di parlare della ricerca della qualità progettuale come fondante delle intenzioni di questo gruppo. E questo progetto, sulla qualità, ha molto da insegnarci, credo...
Ma nel bene o nel male?

mercoledì 16 aprile 2008

Il talento di mr. Sagmeister



Stefan Sagmeister è l'unica fottutissima rockstar della grafica mondiale. E' così dannatamente bravo che si deve parlare di lui come in un film di sbirri americani: perché arriva un punto in cui l'ammirazione non può che scadere nel turpiloquio.

Il suo primo libro (Made you look) era già un classico tra i libri di graphic design, con una carrellata di progetti sempre pieni di invenzione e di umorismo, ricchi di personalità e di idee. Adesso per Abrams esce Thing I have learned in my life so far: un volume che non solo conferma il talento di Sagmeister ma lo colloca di diritto nel maledetto olimpo dei geniacci di tutti i tempi. Ci vuole un po' a capirlo, ma se uno si mette lì, alla fine non può che inchinarsi ad una serie di trovate che non hanno eguali...



Innanzitutto, Sagmeister vende come libro di grafica quello che è soprattutto il resoconto di un progetto artistico personale. Negli ultimi anni il grafico di origine austriaca si è infatti dedicato alla realizzazione di una serie di installazioni che (nello stile della word art di Jenny Holzer) sono essenzialmente degli esercizi di stile tipografici su aforismi semplici e potenti che Stefan si è scelto/inventato/ritrovato come regole di vita. Sono venti brevi frasi, piccoli pezzi di buon senso al limite della banalità, da «preoccuparsi non serve» a «i soldi non mi fanno felice», da «le persone oneste sono interessanti» a «cercare di avere un bell'aspetto limita la mia vita».



Banale? Tutt'altro. Nelle mani di un genio come Sagmeister, con il consueto talento ed il gusto per la sorpresa e il meraviglioso, l'esercizio di stile prende vita in una galleria straordinaria di invenzioni e di coup de theatre grafici. Ecco allora che «avere coraggio per me funziona sempre» appare grazie a teli tesi tra gli alberi, mobili accatastati e würstel illuminati a dovere; «tutti pensano di aver ragione» si legge tra le mani di scimmie gonfiabili alte 12 metri (oppure scritto pisciando di notte in Wall Street), «preoccuparsi non serve a nulla» è realizzato con 60000 grucce di plastica per una struttura di 38 metri di lunghezza... Ogni strategia di comunicazione formale è valida per attirare l'attenzione sul contenuto, proponendo un'originalissima soluzione al problema fondamentale della professione, quella di dover lavorare su messaggi e contenuti altrui e spesso non condivisibili. E' dai tempi di Munari che non vedevamo una soluzione così brillante alla dualità tra artista e designer.



Ma occhio: il terzo colpo di genio del nostro Sagmeister è quello di riuscire ad essere comunque e ancora un designer, e non un artista concettuale. Perché questi progetti sono quasi tutti applicati a vere e proprie commissioni, e rispondono alle richieste di veri clienti. In pratica, Sagmeister per divertirsi in questo modo si fa pure (dice) pagare, come quando riesce a piazzare «i soldi non mi fanno felice» alto cinque piani sulla facciata del casinò di Linz. Qui l'ammirazione è sconfinata, beato lui che può e se lo merita... ma è anche una cosa che ci spinge a riflettere su quanto si dovrebbe osare di più nella nostra professione.



Senza contare che, siccome è una fottutissima rockstar, Stefan fa in modo di mettersi sempre nel mezzo, a puntare sul proprio essere personaggio, a cominciare dalla copertina realizzata con una ingegnosa tecnica ad intarsio che riproduce il suo volto reso diverso dall'ordine in cui vengono riposti i sedici volumetti che compongono il libro. Sagmeister aveva già usato il suo corpo come tavolozza in uno storico manifesto per l'Aiga: adesso si inventa protagonista di una performance video che per illustrare «col tempo mi abituo a tutto e lo do per scontato» lo porta a spenzolare, in stile JackAss, dalla finestra di un grattacielo di Manhattan, per poi farsi un bagno nudo nell'Hudson. Niente da dire, fottutamente fico.



Last but not least, la nostra rockstar non si nega il gusto di un progetto web molto 2.0 collegato al libro, invitando online i lettori a proporre i propri motti e rendendo l'esperienza una specie di stimolante workshop collettivo. E' sul sito che vi potete godere anche il primo corto di Stefan da regista, che afferma «tenere un diario aiuta a crescere». Non possiamo che condividere: tenere un blog è un po' come tenere un diario, e riflettere sul lavoro di Sagmeister è un'occasione di meditare sul proprio lavoro, cercare di migliorarsi e casomai, perché no, provare anche un po' (in piccolo) a seguirne le orme...

lunedì 14 aprile 2008

In risposta a Uno dei piaceri di IDFI...



Volevo contribuire con questo scatto (ma guarda un po' cosa ti ho beccato...!) preso col telefonino, ma non ho saputo farlo come commento al post di KmZero, così ho aperto un nuovo post (poi lo cancelliamo).
Chiedo scusa all'amico Cosimo per il poster dantesco diviso in due: dopo la sua invettiva contro certa parte dei manifesti fiorentini spartiti a metà (immagine sopra, scritte sotto), assunte le sembianze di Erode, sono corso nottetempo a fare scempio di muri e vetrine che esponevano l'Alighieri che, nel frattempo ahimè, era già andato in affissione. Ma qualche esemplare è evidentemente sfuggito alla razzìa! Non sono riuscito a fare di meglio (il bello è che quell'immagine così ordita è stata assunta a mo' di logo dell'iniziativa e dunque ce la sorbiamo già da tre anni, con l'inevitabile variazione colore...). Ma sono d'accordo: sventura e disonore a quei poster costruiti come impaginatini da riempire con figure o scritte, onore e gloria alle immagini con l'anima, che stimolano e accendono l'umano interesse! Contro, nel caso, e mai proni alla miseria intellettuale dei committenti.
E' proprio con questa certezza che, scovando sotto i portici di piazza Repubblica l'accoppiata Cina–Leggere per non dimenticare, ho ripensato al dito puntato di Cosimo il Grande e alle parole dei KmZero: ... acquistano sfumature divertenti se letti insieme al manifesto vicino...
Quale dei due, in questo caso, ridicolizza l'altro? Quale dei due è realizzato per un sontuoso centro mostre, capace in ogni occasione, di uno spiegamento di forze pubblicitarie imbarazzante quanto insulso nella proposta del progetto di comunicazione e quale realizzato per la buona volontà, il cuore, la tenacia di un designer che non si arrende alla malversata evoluzione di quel lavoro, all'inettitudine della committenza, ad una disponibilità di mezzi impari rispetto al suo vicino di vetrina? Noi tutti conosciamo la risposta, tanto è banale la domanda per degli addetti ai lavori. Ma dalla foto, l'utente medio evince che la mostra sulla Cina è un evento un po' sciatto (anche se pompato con l'arroganza dei forti, almeno a guardarsi attorno!), e non è così, la mostra vale; Leggere per è una iniziativa seria, coraggiosa, ben curata come meritano le cose fragili che umilmente ogni tanto si affacciano per il comune interesse: ed è così.

mercoledì 9 aprile 2008

Uno dei piaceri di IDFI...



...è quello di andarsene in giro per Firenze e, notando un bel manifesto, ritrovare nello spazio della firma il nome di un'amico.
Il Meucci bicentenario è di Gaia e Paolo, il manifesto col doppio Divino Poeta è di Walter/Social Design. Entrambi acquistano sfumature divertenti se letti insieme al manifesto vicino...