venerdì 23 maggio 2008

Musica da camera. D'aria...

Fonti autorevoli danno la campagna abbonamenti del Maggio in sostanziale pareggio rispetto agli anni precedenti: i vecchi abbonati avranno rinnovato quasi per inerzia la tessera (come spesso avviene in questi casi) e i giovani che dovevano portare le nuove adesioni e che rappresentavano il target della campagna non hanno abboccato.
E' vero: il Maggio di quest'anno è dedicato alle donne, ma non mi pare che Diamanda Galàs (che Scandicci Cultura portò qui da noi nel 2002) e Charlotte Rampling rappresentino il nuovo. E così la maggior parte degli spettacoli in cartellone.
Tuttavia, anche a fronte di esiti positivi della campagna e nel rispetto dei grandi nomi in programma: non è facendo il catalogo di Intimissimi che si riesce per forza a diventare giovani e ricchi di novità. Una campagna d'immagine ammiccante e un po' ruffiana (di fronte a una bella donna ci giriamo tutti, uomini e donne) può anche farti sembrare ringiovanito: si tratta di stabilire però se sei veramente ringiovanito. Altrimenti, facendo informazione scorretta (e qui ritornano Partinico e i suoi fratelli) e menzognera, si ottiene l'effetto boomerang: sarà davvero il cartellone del Maggio pieno delle novità che si segnalano all'utenza? Non solo: avrà davvero la struttura organizzativa migliorato e ringiovanito tutta la gamma dei servizi che ruotano intorno a una manifestazione del genere, così come l'immagine lascia sottintendere? Se si i risultati verranno successivamente. Altrimenti, perderemo anche le fidelizzazioni acquisite.
Torno a ripetere, come esposto nel post precedente, che si può rinnovare anche nel rispetto dell'oggettiva proposta di un'istituzione e della sua storia. Si può rovesciare completamente la linea comunicativa di un teatro, anche senza realizzare un'immagine dalla cifra stilistica che sta da un'altra parte. Non posso non citare il caso della Pergola (per mia esperienza diretta): nel '96 il teatro era senza direzione (scomparso qualche anno prima il grande Alfonso Spadoni), era senza un cartellone, senza uno straccio d'immagine (il logo era una scritta in garamond corsivo tutto basso con la p rossa!) e soprattutto non vendeva un biglietto. Negli anni successivi l'immagine della Pergola è diventata uno stile; grafica "stile Pergola", si diceva nell'ambiente dello spettacolo ed era diventata discriminante tra chi voleva quella stessa immagine per cavalcare, per assonanza, l'onda nuova del Teatro Massimo e chi, al contrario ma con lo stesso giudizio di merito, chiedeva l'opposto per riuscire a mettere in risalto, per contrasto, la propria attività. Il buon esito di quell'operazione (il Teatro della Pergola oggi potrebbe non fare promozione se questa avesse il solo scopo di raccogliere abbonamenti e biglietti) è stato raggiunto perché il rinnovamento della comunicazione è stato progettato nel rispetto della storia del teatro: gli stucchi e gli ori, i drappi rossi, le tavole consunte del palcoscenico e i canapi delle graticce non sono scomparsi. Il restyling della grafica è stato un piccolo tassello nel quadro del rinnovamento che è passato, prima di tutto attraverso una classe dirigente più giovane, intellettualmente e operativamente brillante, e un migliorato e rinnovato sistema di servizi offerti a compendio dello spettacolo in sala. In quest'ottica si è reso possibile realizzare un'immagine che guardava, credo, piuttosto avanti, ma che non ha mai cercato di far credere alle signore ingioiellate e impelliciate, così come ai giovani che sempre più, nel corso del tempo, si sono avvicinati e alle scuole, che non si trattasse più di quel classico teatro di prosa che la Pergola è da sempre. Il merito mio, se c'è stato, non è stato nella grafica, che tanti altri avrebbero potuto meglio di me realizzare, ma nella misura: nell'aver trovato, ovviamente insieme ai miei committenti, un linguaggio nuovo ma veritiero, un linguaggio che lasciava intendere che dentro le storiche mura di via della Pergola, c'era voglia di riportare la prosa all'altezza dei grandi attori e dei grandi registi e c'era altrettanto l'esigenza di cimentarsi col nuovo, ma che quella era sempre la casa del teatro classico.
Queste riflessioni valgono per la campagna del Maggio, per l'immagine di Partinico e per tutte quelle operazioni di comunicazione che sforano, in un senso o nell'altro, in eccessi di dipendenza dalle analisi di marketing (fatturate a caro prezzo) o nelle soluzioni banalmente decorative stucchevoli e dal significato astruso.
E valgono, credo, come indizio dell'atteggiamento che il designer deve tenere per guadagnarsi lo stesso rispetto del commercialista e del dottore...
Quest'atteggiamento mi pare sia mancato all'operazione gestita dal Maggio insieme a Leader e credo che a quest'immagine manchi la "durata": non credo che potrà essere declinata in modo omogeneo le prossime stagioni. Forse qualcuno la ricorderà proprio come si ricorda uno spot pubblicitario, senza cioè ricordare cosa promuoveva. Io personalmente penso che la dimenticherò, così come mi ero dimenticato di quella con Chiambretti.

Musica da Camera


Walter Sardonnini ha citato nel post precedente la recente campagna per il Maggio Musicale Fiorentino, creata da Leader. Una campagna che sicuramente provoca discussioni, in quanto presenta un'istituzione assolutamente "classica" tramite una comunicazione che si muove su richiami estetici e stilistici più contemporanei, e con immagini tutte centrate sulla figura femminile nella sua espressività anche glamour.



Non sappiamo se questa direzione di comunicazione (peraltro ben rappresentata anche dal sito del Maggio) sia un'imposizione del cliente o una scelta dell'Agenzia Pubblicitaria. Appare evidente l'intenzione, per citare Sardonnini, di "un'immagine rinnovata frizzante, per giovani, sensuale".
Che ne diranno i fedeli del Maggio fatto di "opera lirica, musica classica, smoking, flauti e papillon", mi sono chiesto? Soffriranno dell'allusione a "sentimenti più grevi e volgari"?
Urge esperimento empirico (per quello che può valere).
Chiedo a mio padre, settantadue anni, dirigente in pensione, abbonato al Maggio da esattamente 26 anni. Il quale mi risponde con un secco "No, non mi piace. Non è il Maggio".


Chiedo anche a amici e coetanei che condividono il parere. Ma più vado avanti con l'inchiesta, più mi sento come gli opinionisti televisivi. La verità è altrove.
Bisognerebbe conoscere i risultati della campagna.
Sapere se ha toccato il pubblico giovane che ricercava, e vedere quanti abbonati in più ha portato; o ancora, saper dire quanti musicofili siano stati così sdegnati da rinunciare a un concerto. Valutarne il risultato, con un analisi del pubblico divisa per fasce d'eta. Chiedersi se ha comunque attirato maggiore attenzione, anche solo per generare proteste e borbottii.



Mia madre, settantasei anni, insegnante in pensione, condivide con mio padre gli abbonamenti di musica classica (non è un caso, proprio al Teatro Comunale si videro per la prima volta più di quarant'anni orsono), ma in più con cuore di mamma si perita di seguire la scena fiorentina della grafica. Che ci crediate o no, sa anche chi è Stefano Rovai.
Paziente mi spiega la genesi del progetto: "il Maggio quest'anno è dedicato alle donne, si chiama Donne Contro perché vuole parlare delle donne che si ribellano, che hanno emozioni, e infatti hanno messo in programma la Carmen, Lady Macbeth.... e pensa che per l'inaugurazione hanno fatto un concerto con quella bella attrice francese, come si chiama, la Charlotte Rampling, che ha letto urlando dei brani dai campi di concentramento. E nel manifesto c'è una donna, sì, col seno in evidenza. Mi è piaciuto? Mah..."

giovedì 22 maggio 2008

Partinico e i suoi fratelli




Appunti per uno statuto


Vado su internet per vedere i risultati del concorso per il logo della Real Cantina Borbonica del Comune di Partinico. Il collegamento Adsl è performante: la pagina compare d'un bleu e l'impressione immediata che restituisce la vista dell'icona del post in questione è (lo confesso) buona. Poi entro nel dettaglio delle applicazioni del progetto vincitore e degli altri classificati. Esco da Firefox (non perché contrariato da ciò che vedo, ma perché richiamato in altre faccende). Rientro in internet: IDFI tace. Allora ci riprovo con Partinico: l'impressione è già più moscia. Leggo le motivazioni della giuria: è l’interpretazione più chiara, sul piano strategico, delle richieste formulate dal bando.
Eppure io il bando l'avevo letto... Ci rivado. Il passaggio più significativo recita: Il Museo ... presenterà prioritariamente la storia del complesso, di quanto vi avveniva, del tipo di lavorazioni che vi si svolgevano e del loro impatto sul territorio ... Non si tratta quindi, nelle intenzioni dell’Ente, di un museo “etnografico”, piuttosto di un contenitore in cui, tra le varie attività, si potrà riscoprire un pezzo di quella storia della Sicilia ... Tra le altre attività destinate ad essere ospitate presso il Museo vi sono previste: l’esposizione di prodotti tipici locali, una raccolta di dati sul territorio e le sue produzioni, iniziative culturali a vario titolo...
Il resto sono indicazioni storiche e architettoniche, incentrate sul concetto che ... L’identità di un luogo “culturale” o comunque di pubblico interesse, come il caso di un Museo, è determinata dal sito stesso, dall’architettura (“il contenitore”) e dai suoi contenuti ... L’identità si determina ... proprio grazie alla contemporanea presenza di genius loci (lo spirito del luogo), di elementi immateriali, ma anche di quelli decisamente più fisici o comunque in grado di definire uno spazio e quanto tale spazio contiene ... Il piano della comunicazione è proprio quello che tiene insieme contenuto e contenitore, rendendo esplicito in termini visivi il loro legame.
Ritorno sul lavoro prescelto: la giuria afferma di leggere nel simbolo la corona borbonica (sì), una M di museo (nì...), un fregio decorativo del carretto siciliano (boh...!).
Quanto all'interpretazione aderente al piano strategico: ... Il progetto del marchio deve interpretare visivamente i valori storici della sede del Museo (la Real Cantina Borbonica) ed i suoi contenuti in maniera tale da essere riconoscibile e distinguibile ... Mah!
Con tutta la buona volontà riesco difficilmente ad immaginare come la struttura di Partinico potrà ospitare nel (azzardo) novanta per cento delle proprie attività contenuti diversi da quelli di un museo di storia e civiltà contadina con materiali storici sulle tradizioni locali, attrezzature per il lavoro della terra ecc.: e dico ciò, sia beninteso, con il massimo rispetto di queste forme di salvaguardia della tradizione e con tutto il piacere antico che provo ogni volta che mi capita di visitarne.
Non riesco perciò a vedere quei luoghi e quelle attività firmate con l'immagine premiata dal concorso: non me ne voglia l'autore nostro concittadino se dovesse imbattersi in queste righe (non parlo degli altri classificati, che pure hanno ricavato dei bei soldini). Ciò che resta più difficile da comprendere non è la grafica della sua realizzazione, ma è come la giuria, supportata da esperti della comunicazione (!), dopo aver confezionato il bando che ancora si può scaricare, abbia operato una scelta a mio avviso assolutamente non congrua alle intenzioni dichiarate.
Già in altro post parlai di progressiva inesorabile scollatura tra committenza e professionisti della comunicazione: in occasione della edizione udinese della mostra di manifesti Alba, si parla di morte del manifesto. Chi è, come tutti noi, chiamato a dare forma e immagine alle svariate iniziative temporanee o permanenti che ci vengono commissionate, deve riuscire a prevedere la "durata" di un progetto proposto: non nei secoli dei secoli, ma semplicemente deve riuscire ad individuare un oggetto che vada oltre l'incantamento e la gradevolezza della novità e sia davvero aderente alle necessità di chi lo ha commissionato. Deve andare oltre l'illusione o l'infatuazione estemporanea del cliente impreparato. E questo, spero sia per tutti ovvio, non vuole certo dire ricorrere solo e per forza a realizzazioni classicheggianti o, peggio, polverose: approfondisco in un testo di appunti che ho preparato per un ipotetico statuto il concetto di sintesi tra forma e contenuto e di questo vorrei parlare insieme a tutti al più presto.
Insomma, le stesse osservazioni che feci quando vidi la campagna di immagine per il Maggio Musicale di quest'anno: cosa c'entra quell'immagine (non quella foto o quel lettering o quella soluzione grafica, ma il timbro di quell'immagine nella sua globalità) con opera lirica, musica classica, smoking, flauti e papillon? Certo, qualcuno avrà affermato la richiesta di un'immagine rinnovata (rispetto alla precedente ben venga), frizzante, per giovani, sensuale (o bravo!). Questa tradisce i contenuti e di conseguenza il pubblico, alludendo a sentimenti più grevi e volgari. Non è la strada giusta per rinnovare l'immagine e rilanciare un'attività.
La coscienza e il rispetto del nostro operare deve nascere in primo luogo da noi stessi, da professionisti e artisti che non devono essere allusivi e spendere la propria intelligenza nel tentativo di toccare corde sensibili di una committenza talvolta superficiale e trovare le chiavi giuste per rinnovare la qualità tenendo fede a corretta informazione e semantica appropriata delle attività per le quali si cimentano. E' il nostro modo di porci intellettualmente che deve riscattare il rispetto dalle grinfie dei nostri interlocutori.

mercoledì 21 maggio 2008



ho trovato questo sito segnalato da un altro blog, ma non era una fiera qua a firenze qualche anno fa? quella sulle cui ceneri è nato il Festival della Creatività?

martedì 20 maggio 2008

Richiesta di lavori per libro grafica sociale

La casa editrice spagnola Index apre il call for enties per un nuovo libro collettivo sulla grafica sociale.

Scade a settembre 2008



For a good cause: Solidarity design by Cactus Disseny

giovedì 8 maggio 2008

Associazioni d'idee


Il prossimo incontro di IdFi è previsto per mercoledì 14 maggio. Simonetta Doni si è offerta di fornirci ospitalità, e diversi tra i "fedelissimi" del sito e della mailing list hanno confermato l'adesione. La proposta è quella di realizzare due brevi presentazioni di circa mezz'ora dedicate rispettivamente al design per il prodotto vitivinicolo (a cura di Simonetta Doni) e al guerrilla marketing (a cura di Omar Rashid/Gold). Una formula un po' diversa rispetto a quelle precedenti, ed anche, pensiamo, il momento di cominciare a serrare le fila e a trasformare il nostro progetto in qualcosa di più concreto.

Noi di studioKmzero siamo reduci da diversi incontri con altri designer italiani che come noi credono in un movimento spontaneo di aggregazione. Abbiamo avuto modo di apprezzare e conoscere meglio il lavoro di comunità creative come Turn che raccoglie oltre 300 designer torinesi, o come ScalaColore che invece opera su Verona e dintorni. Sono comunità creative che nascono sul territorio e operano sul web, rafforzano la propria identità con convegni, performances, proposte editoriali. Questo mentre accanto a movimenti storici come l'AIAP, Associazione Italiana Progettazione per la Comunicazione Visiva, nascono altri gruppi su base nazionale, come il Ministero della Grafica e il gruppo di Italian Renaissance, che ha pubblicato un bel volume per i tipi di Red edizioni dal grande successo internazionale.

Sono tutti stimoli che ci spingono a cercare di perseverare, nonostante le evidenti difficoltà, nel progetto di un associazione per riunire i professionisti della comunicazione toscani.

(La tavola per il calcolo dei valori comunicazionali è di Emo Risaliti)

Digiarte 2008

Digiarte è il festival fiorentino dedicato alla fotografia digitale, e più in generale, al confronto tra l'arte contemporanea e le nuove tecnologie. Quest'anno Digiarte raddoppia la sua durata con un'antologica al palazzo del Comune di Sesto Fiorentino. Sempre a Sesto sono previste per il 3 luglio anche due grandi installazioni: una proiezione della Fake Factory sulla facciata del palazzo del comune e una creata per l'occasione dai Ciboideale.

La sezione video è ospitata dal 'Plasma' di Firenze e si inaugura venerdì 9 maggio alle 20 e durerà due settimane, mentre la sezione foto sarà ospitata nell'Ipercoop di Sesto Fiorentino ormai storica sostenitrice di Digiarte e si inaugurerà lunedì 12 maggio alle ore 19: tra gli autori Merkley , Eliot Shepard (Slower), Stefano Martellucci , D. Anderton e Lucilla B.
Come sempre sarà realizzato anche un convegno, il 23 maggio alle 15.30 nella prestigiosa sede del Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato dal titolo "Come cambia l'atto del fotografare nell'era del digitale".

Maggiori informazioni sul sito della manifestazione.