venerdì 18 gennaio 2008

Manifesto della Qualità!

Tra vino e cenci (che ci ricordano che Febbraio è vicino, e che il fritto si digerisce poco) si è svolto Mercoledì 16 Gennaio 2008 il secondo incontro dei comunicatori fiorentini.

Un prezioso ringraziamento va a Vittorio di LibriLiberi per averci ospitati nel Teatrino del Gallo, spazio polivalente gestito dalla libreria e tenuto nascosto fra le mura di un delizioso giardino interno, passando dal quale non si può non pensare: ma quand'è che arriva primavera? :)

Un ringraziamento anche a tutti i presenti con i quali è stato bello condividere i propri punti di vista, soprattutto a riguardo dell'idea - stimolante, ambiziosa e di non facile realizzazione - di collaborare alla stesura di quello che potremmo chiamare il Manifesto della Qualità dei comunicatori di Firenze.

Questo Manifesto della Qualità dovrebbe rispondere alle domande che ci siamo fatti nel corso della serata, relativi alle questioni etiche, economiche e anche estetiche della professione. Da una provocazione di Walter Sardonnini è nata una riflessione sulla definizione dei canoni che rendono un progetto oggettivamente brutto. (Noi di StudioKmzero, visti i nuovi cartelli indicatori di Careggi scritti in ComicSans, siamo ormai convinti che l'esistenza del brutto oggettivo sia inconfutabile!).

Esistono davvero dei canoni per definire il brutto nei progetti di comunicazione? Quali sono le regole universali per realizzare un progetto di qualità? A voi la parola, nello spazio dedicato ai commenti.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Cari colleghi di "I design Firenze”,
la questione dei canoni estetici e la valutazione oggettiva di questi è antica quanto l'arte stessa. Non a caso nel tempo sono nate figure più o meno accreditate che dovevano stabilire questi parametri. Di fatto poi superati giudizi critici e pregiudizi estetici resta sempre e comunque in larga parte dei casi una valutazione assolutamente personale anche se condivisibile. Credo che accomuni, più che la regola assoluta stabilita per tutti indistintamente, un sentire comune del buon gusto spesso maturato in esperienze culturali vicine. Detto questo il Manifesto della Qualità è una cosa carina che era venuta fuori anche alla prima riunione nello scambio fra alcuni di noi.
Attenzione ai facili idealismi, alle ingenuità culturali nonchè alla tentazione di far aderire tutti alla propria idea delle cose. Non ho visto la segnaletica di Careggi, ma sono certa di quel che dite, a dire il vero io nutro non poche perplessità anche sul logo, non so da chi scelto e da chi sottoscritto per tutti, di "I Design Firenze".
Personalmente non mi corrisponde affatto esteticamente, vogliamo parlarne?
Attendo fiduciosa il dibattito, buon lavoro a tutti
Angela

Anonimo ha detto...

Credo sia necessario fare chiarezza una volta per tutte prima di addentrarsi in questa complessa materia. Materia che, benché - come si vede - controversa, rimane a mio avviso il tema vero e più profondo del dibattere sul nostro mestiere.

«... se competenza tecnica e socialità sono fattori costitutivi della professione di grafico, c’è un tratto che a mio avviso li unisce e diventa discriminante per valutare chi quella professione svolge bene o male. E si tratta per l’appunto della dimensione estetica. Non parlo del giudizio di valore estetico, che è altra cosa, e che ciascuno è libero di misurare col parametro dei propri gusti personali. Parlo proprio del fatto che esista una dimensione estetica all’interno dei messaggi creati dal progettista grafico. Che esista, cioè, un rinvio a una parte o all’insieme della cultura figurativa appartenente alla società medesima. Non importa se per virgolettarla, per ripeterla, o addirittura per contestarla e riformularla. L’importante è che quell’orientamento sia presente e rivendicato. Il grafico, che lo voglia o meno (per fortuna di solito lo vuole), produce gusto, cioè piacere o dispiacere per certi caratteri generali appartenenti alla dimensione visiva della collettività. E il gusto può essere per l’appunto definito come una estetica sociale: una maniera per condividere esperienze “estetiche” (sensoriali) all’interno della comunità.

Fare “bene” il mestiere di grafico significa dare senso compiuto alle operazioni portatrici di estetica sociale, e soprattutto farle intendere come un diritto collettivo. Non so se esista un “diritto al bello”, il quale è evidentemente opinabile visto che il “bello” è un concetto relativo. Un “diritto al gusto” però a mio avviso c’è, e il cittadino dovrebbe cominciare a rivendicarlo. ...»
OMAR CALABRESE

Cito queste autorevoli affermazioni come spunto di riflessione e mi chiedo insieme a voi: come si identifica quel prodotto (ovviamente del nostro operare) che risponda non soltanto alle usate e necessarie esigenze etiche e professionali già ampiamente indagate e valutate nella nota carta Aiap, ma anche e soprattutto a dei canoni di Qualità formale e di contenuto?
E' utile, divertente, possibile o che altro intraprendere questa indagine o il nostro mestiere, l'arte del nostro tempo, deve continuare ad accontentarsi di definizioni e canonizzazioni scientifiche e burocratiche?
Non vorrei stabilire parametri: lascio a fabbri migliori la licenza di pontificare su concetti quali giusto, corretto, etico, professionale, ecc. Quello che interessa me è dissertare sul bello e sul brutto - sì! - sul riuscito e sul meno riuscito, sul congruo ad un risultato e sul meno congruo, sul funzionale e, certo, su tutti gli aspetti economici, fiscali e quant'altro ne dipendano. Mi interessa ascoltare osservazioni sui miei limiti, imparare a leggere - se non a praticare - linguaggi nuovi, più giovani, conoscere in che modo e come meglio sarebbe stato possibile risolvere un tema che mi sono trovato ad affrontare, individuare e approfondire affinità e comprendere differenze confrontandomi.

Soprattutto e innanzi tutto un DISCORSO SULLA QUALITA', quasi a completare (non certo a contrapporsi), a percorrere un cammino parallelo al discorso sul metodo di cartesiana memoria, quale io interpreto essere le indagini e i codici fissati dalle associazioni di categoria: una filosofia, insomma, fondata più sul senso artistico che non sulla ragione.

Walter Sardonini

Colgo l'ccasione per ringraziare gli amici di Km0: la loro curiosità, il loro impegno professionale, la qualità del loro lavoro ci permettono di discutere e di approfondire dal vivo e “in differita” i temi che più ci interessano.
Saluto tutti gli amici incontrati l'altra sera e mi auguro che quanto avviato da Cosimo, Debora, Francesco abbia seguito. A presto

Anonimo ha detto...

Grazie Walter per il tuo intervento che mi trova pienamente in accordo con la tua visione nonché con le necessità di indagine che stringatamente avevo appuntato nel blog come visione personale per lanciare un sasso verso la discussione che mi sembrava obbligata visto il tema, e che tu hai ben raccolto e ampliato immediatamente.
Condivido l’alzare lo sguardo alle questioni portanti di questo mestiere.
Il “gusto” è un valore e un diritto ed essere “...operatori ...portatori di estetica sociale” una responsabilità.
Dissertare sul bello e sul brutto penso sia necessario e fisiologico per chi ha intrapreso da tempo questa professione lasciando perdere parametri etici assoluti così come la visione stolidamente personale.
Valutiamo il risultato, indaghiamo le mille altre possibilità non intraprese che pongono più la questione delle possibilità dei linguaggi che non delle regole.

Per finire ti cito “...una filosofia, insomma, fondata più sul senso artistico che non sulla ragione.”
Esatto!

Un saluto a presto Angela

Unknown ha detto...

Da buon senese ed infiltrato... dico che "a questo mondo ci sta tutto....", cosa vuol dire? Che ad ogni situazione di "bisogno di immagine o comunicazione" oggi si può abbinare tutto! E il mondo dei committenti e dei giudici supremi ci stupisce in continuazione..."ho visto cose che voi umani..."! A parte gli scherzi... noi tutti abbiamo dei parametri di giudizio di qualità e creatività diversi e ho imparato che per "una precisa richiesta grafica o comunicativa ci stanno milioni di soluzioni" e tante linee di valutazione...tante per quante teste vedranno e la prenderanno in considerazione! La mia convinzione è che quello che faccio deve essere coerente con il mio pensiero, inspirato da una idea artistico creativa ma avere abbastanza "culo" da trovarsi in sintonia con chi guarda, giudica e valuta e cioè "al momento giusto nel loro gusto" (che varia di minuto in minuto e a seconda di che giornata hanno)

Alessandro Grazi per Headbox